Pasqua… passaggio dal passato a un futuro

12 Aprile 2020by Giulio Destri

Il primo significato della Pasqua è passaggio. In questo periodo, da quando è iniziata la tragedia che stiamo vivendo, si sente spesso dire “tutto cambierà”, “nulla sarà come prima”… e, allo stesso tempo, molti hanno timore dei possibili cambiamenti cui stiamo andando incontro. Ma cosa significa in verità?
Partiamo da una analisi di quello che sappiamo ora: il lockdown, il rinchiudere tantissime persone in casa, il bloccare molte attività produttive, con i conseguenti danni economici è almeno servito a rallentare la crescita esponenziale del contagio e sta dando una grande mano a quanti lavorano direttamente nella cura per salvare la vita a tanti malati. Senza di esso non soltanto il numero dei morti sarebbe stato molto superiore, ma avremmo anche rischiato la paralisi di tutti i servizi essenziali… e il caos.
Ora si aspetta la cosiddetta “fase 2”… in tanti sperano che, di colpo, si possa tornare alla vita di prima. Non è così. Come l’esperienza dei primi centri posti in quarantena ha dimostrato, fino a che non sarà disponibile un vaccino, misure di sicurezza tese a impedire all’epidemia di ricominciare dovranno fare parte della nostra vita.
L’esperienza di questa emergenza ha dimostrato tante cose prima ritenute impossibili:

  1. Moltissimi lavori oggi sono possibili anche a distanza; ad esempio tutti i lavori amministrativi (sia nel pubblico, sia nel privato), lavori intellettuali come la progettazione, lo sviluppo del software (che viene svolto a distanza già da tempo in tanti casi); questo ha consentito di evitare la paralisi di settori come quello finanziario-bancario e assicurativo o come quello delle infrastrutture informatiche, che sono strategici per la nostra società;
  2. La formazione può essere possibile anche a distanza; prima le università, poi anche le scuole superiori, medie ed elementari hanno dimostrato di poter operare a distanza; in alcuni casi, oltre che con la mancanza di competenze, la scuola a distanza si è però scontrata con la mancanza di accessi capillari alla rete a larga banda;
  3. La formazione aziendale si è spostata in rete, con risultati non inferiori a prima; lo stesso stanno facendo convegni, riunioni, azioni collaborative…; anche azioni come quelle delle ispezioni e degli audit, le certificazioni professionali si stanno spostando in rete;
  4. Anche manifestazioni artistiche, nella musica, nella danza, nel teatro… hanno in queste settimane avuto luogo attraverso collegamenti in rete.

In sostanza, stiamo scoprendo che, per un numero molto grande di lavori, non esiste realmente la necessità di essere presenti in un ufficio o in un’aula, magari in un grande palazzo di una grande città. Almeno non tutti i giorni. E non esiste quindi la necessità reale di prendere un’auto (e magari stare 2 ore in coda in una tangenziale), di prendere un treno (e magari partire alle 5.30 per poter arrivare al posto di lavoro prima delle ore 9), di stare chiusi pigiati come sardine in un vagone della metropolitana.

E che questo calo drastico degli spostamenti sta facendo bene alla natura. Il web è pieno delle immagini dei delfini a Cagliari, dei pesci a Venezia, delle papere a Roma, delle lepri a Milano… Il cielo, in questi giorni, è più azzurro che mai, sopra di noi chiusi nelle case… Mentre, chi deve spostarsi perché sta trasportando merci e cibo, che servono a mantenerci in vita, può attraversare strade senza coda e guidare meglio e più sicuro.
Una grande incertezza deve farci riflettere: quanto tempo ci vorrà per il vaccino? Non lo sappiamo… gli specialisti dicono 12-18 mesi, basandosi sulle esperienze precedenti. Ma potrebbe essere necessario molto più tempo. Quindi dovremo organizzare in modo diverso la nostra società. In particolare i mezzi di trasporto di massa, potenziali fonti di contagio, dovranno operare in modo diverso da prima… e il telelavoro non è qualcosa cui potremo rinunciare così presto.
Proviamo a cambiare punto di vista e a pensare le cose in modo diverso. Oggi moltissime persone vivono nelle grandi città per via del lavoro che fanno. In città come Milano poi prezzi altissimi e la ricerca di ritmi di vita meno frenetici nel proprio tempo non lavorativo hanno provocato l’esodo verso città e paesi della cintura. Questo però fa si che ogni giorno centinaia di migliaia di persone si spostino verso il centro. E molti di questi lavori possono essere svolti a distanza, come le circostanze presenti hanno dimostrato (e costretto molti ad ammetterlo…).
E nel frattempo paesi interi, soprattutto negli Appennini, si sono spopolati. Negli ultimi anni è ripresa l’immigrazione interna e tanti giovani si spostano dal Sud al Nord in cerca di occupazione… Ma cosa accadrebbe se molti lavori potessero essere fatti completamente a distanza?

  1. Chi svolge questi lavori non dovrebbe necessariamente spostarsi in una città o comunque nel suo circondario, ma potrebbe vivere anche in una zona d’Italia completamente diversa;
  2. Quindi potrebbe vivere in un paese, magari quello dove la sua famiglia ha vissuto per generazioni e dove esiste una casa, più o meno, antica da ristrutturare;
  3. La presenza di più persone, dotate di reddito, nei paesi creerebbe un indotto di
    a. Negozianti (non necessariamente grandi centri commerciali…)
    b. Servizi alla persona (palestre, parrucchieri…)
    c. Artigiani
    d. Addetti alla manutenzione di case, impianti…
    E quindi, in sostanza, tanti posti di lavoro in loco;
  4. I comuni avrebbero più soldi grazie alle imposte versate da più persone;
  5. La presenza di più persone potrebbe contribuire alla salvaguardia del territorio, attraverso la politica della produzione per il consumo locale e quindi del “kilometro zero”;
  6. La qualità della vita in questi borghi sarebbe superiore a quella delle città, contribuendo ad attirare le persone e quindi riequilibrando la distribuzione della popolazione sul territorio e quindi, indirettamente, a rendere le città meno affollate e caotiche;
  7. Chi si deve spostare comunque per lavoro avrebbe strade, treni, traghetti ecc… meno affollati a disposizione e viaggerebbe meglio e con meno stress;
  8. Chi lavora in rete sarebbe comunque collegato col mondo, vivendo contemporaneamente il proprio tempo libero nell’ambiente di origine, o un in un ambiente comunque scelto;
  9. Una medicina preventiva capillare, attraverso strumenti di telemedicina e telemonitoraggio, potrebbe aiutarci a prevenire malattie;
  10. L’intraprendere questa trasformazione creerebbe quindi numerose occasioni di lavoro (muratori, installatori di linee…) sia temporanee, sia permanenti.

Questo potrebbe riportare l’Italia alla terra dei borghi e delle piccole città come è stata per secoli. Solo che in quel caso i borghi, collegati in modo capillare da una rete a larga banda, sarebbero quartieri di un’unica città, grande come l’intera nazione. E in questo modo saremmo anche in grado di ridurre la diffusione di altre epidemie che, come l’evoluzione degli anni recenti ha dimostrato, a causa degli impatti ambientali delle attività umane, sicuramente si manifesteranno negli anni a venire.
Cosa serve allora per passare a questo futuro? Diverse cose:

  1. Una rete a larga banda diffusa in modo capillare su tutto il territorio nazionale abitato: il sovraccarico di questi giorni ha dimostrato che la rete deve essere rafforzata e, purtroppo, fuori da città e grandi comuni, ancora troppi paesi non dispongono di reti (sia via cavo, sia via telefonia mobile) di qualità accettabile per un vero telelavoro;
  2. La presenza (nel corso del tempo) di centri di calcolo sul territorio nazionale in cui, accanto a nodi per il mercato italiano dei servizi cloud dei grandi fornitori internazionali, siano presenti anche piattaforme nazionali come, ad esempio, l’iniziativa iorestoacasa.work;
  3. Una organizzazione diversa del lavoro che non richiede la presenza fisica, in modo da sfruttare al meglio le nuove opportunità; qui sono stati scritti veramente tanti articoli in merito a un cambiamento del lavoro che è culturale (e di rapporti) prima che tutto il resto;
  4. Una volontà politica ed imprenditoriale di fare il passaggio (trovando i fondi in primis…) e trasformare una costrizione imposta dalle circostanze in una opportunità.

Sapremo cogliere questa occasione? Questo è il vero passaggio.

Buona Pasqua a tutti.

Giulio Destri

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